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2014-02-27 10:37:54
E non io lo faccio per lui, nè gl'impresto (che sarebbe irriverente)
unpensier del mio capo. Sentite ciò ch'egli stesso diceva nel 1812:
“Noncrediate che io voglia innovar nulla in religione. Non sono un
AbdallahMenou (alludeva, così parlando, ad un suo generale in Egitto,
che s'erafatto musulmano per riuscir meglio accetto agli Arabi, come
successoredel Kléber); sarò un Costantino, non docile temporalmente, nè
scismaticonella fede. Se tengo Roma per mio figlio, darò Nostra Donna al
Papa; maParigi sarà levato così alto nella ammirazione degli uomini,
che la suacattedrale diverrà naturalmente quella del mondo cattolico.
Questa è laragione segreta, non la contradizione di ciò che ho fatto; è
ilConcordato, ingrandito come l'Impero. Ma per aver così piena
ragionedalla Chiesa, occorre aver vinto ancor più nel cospetto degli
uomini.?Sogno, lo ripeto, ma grande, e d'un Italiano che sentendosi tale
nondubitò di confessarlo ad ascoltatori Francesi, nei solenni colloquii
diLongwood; ove, parlando de' suoi primi trionfi, ne esponeva le
ragioniin tal forma: “L'istessa mia origine straniera, contro la quale
si sonoscalmanati in Francia, mi fu di gran prezzo, poichè essa mi
fececonsiderar cittadino da tutti gl'Italiani, agevolando di molto i
mieisuccessi in Italia.
I quali, come furono ottenuti, indussero a cercar daper tutto le
circostanze della nostra famiglia, caduta nell'oscurità dagran tempo. A
saputa di tutti gl'Italiani, essa aveva sostenuta una granparte tra
loro; ridivenne ai loro occhi, al loro sentire, una famigliaitaliana;
tanto che, quando si trattò di sposare la mia sorella Paolinaal principe
Borghese, fu una voce sola, a Roma e in Toscana, in quellafamiglia e
tra le sue alleate: sta bene, è cosa fatta tra noi, è unadelle nostre casate.
Più tardi, quando si trattò della miaincoronazione a Parigi, per mano
del Papa, quest'atto, importantissimocome gli eventi mostrarono,
incontrò gravi intoppi. Il partitoaustriaco, nel Conclave, si era
risolutamente opposto; il partitoitaliano la vinse, aggiungendo alle
ragioni politiche questa piccolaconsiderazione d'amor proprio nazionale:
“dopo tutto è una famigliaitaliana, questa che noi imponiamo ai
Barbari, per governarli; saremocosì vendicati dei Galli...? Dubito che
ciò sia stato detto o pensato inConclave; ne dubito soprattutto per
l'accenno ai Barbari, che daCarlomagno in poi non eran più tali, e alla
vendetta sui Galli, che erastata fatta, se mai, diciotto secoli innanzi,
dalle armi di Cesare; ma èimportante per me che in tal guisa abbia
parlato della sua italianitàNapoleone a Sant'Elena, nella grande ora
della toilette pour lapostérité. Aver fatto grandi cose è bello, sovranamente bello, e accade a pochi.
Mai pochi che le han fatte, sono anche più famosi per averne pensate
dimaggiori. A cogliere il segno lontano, si vuol porre più alta la mira;
espesso vien meno l'arco, o la corda si spezza. Noi, gloriandoci
diquell'Italiano, gli siam grati di aver fatto per la sua patria
d'origineun sogno maraviglioso. Non ebbe tempo a mutarcelo in realtà, nè
aconsolidare la sua stessa fortuna. Ercole, combattendo con l'idra
dallesette teste sempre rinascenti, non venne a capo dell'impresa se
nonrecidendole tutte d'un colpo. Ma quello era un semidio, e il tempo
deisemidei è passato; Napoleone fu costretto a colpirle una dopo
l'altra, erinascevano tutte.
A noi sia debito ricordare com'egli ci lasciasse ilbenefizio
inenarrabile d'uno stimolo virile all'inerzia lunga epericolosa, d'un
mutamento profondo nella nostra compagine politica,onde furon troncate
le radici alle vecchie antipatie regionali, onde unlievito possente a
nuove e non più frenabili sollevazioni del sentimentopatrio. “Ci sono in
Italia duecentomila poltroni: ma io li impiegherò.?E furono assai più
di quel numero i valorosi che trasse d'Italia a tanteguerre; la sua
famosa ritirata, non dal nemico vinto, ma da un invernoinvincibile, fu
coperta dai nostri soldati. Morian per le Rutene Squallide piagge, ahi
d'altra morte degni Gl'Itali prodi....